Pubblichiamo una sintesi della comunicazione premiata da AINP nell’ambito del Congresso ASSOCIAZIONE ITALIANA SISTEMA NERVOSO PERIFERICO
APPROCCIO INNOVATIVO ALLA NEUROPATIA PERIFERICA DA OXALIPLATINO: TECNICHE AVANZATE DI NEUROFISIOLOGIA.
di Paola Alberti, MD, PhD, Neurologist
School of Medicine and Surgery
University of Milano-Bicocca
La neuropatia periferia da Oxaliplatino è una condizione che affligge una quota di popolazione sempre più vasta. Si tratta, infatti, dell’effetto collaterale di lunga durata e/o persistente che consegue alla chemioterapia di una delle più frequenti neoplasie: il tumore del colon-retto. Ogni anno in Europa 3000 persone ogni 100000 ricevono la diagnosi di questa patologia (http://eco.iarc.fr/EUREG/Table.aspx). La prognosi di questo tumore è notevolmente migliorata nel corso degli ultimi decenni proprio grazie alla terapia con Oxaliplatino; ne consegue che, fortunatamente, una quota sempre più ampia di pazienti può essere definita come lungo sopravvivente. Tuttavia, queste persone posso continuare a lamentare i disturbi dovuti alla neuropatia, con una riduzione della qualità di vita.
La neuropatia da Oxaliplatino si caratterizza per due forme: una acuta ed una cronica. La prima è presente solo durante il corso della chemioterapia e sin dal primo ciclo; i pazienti sperimentano parestesie (formicolio) freddo-indotte, crampi, spasmo mandibolare e fascicolazione di brevissima durata, soprattutto i primi 3 giorni dopo la somministrazione di Oxaliplatino. Con il procedere dei cicli di chemioterapia (solitamente dopo 3-4 mesi di terapia) può comparire un secondo disturbo che persiste anche dopo il termine dei mesi di terapia: ridotta sensibilità e parestesie persistenti alle estremità degli arti, indipendenti dal fattore scatenante della temperatura fredda. Nei casi più gravi questa seconda condizione può alterare l’equilibrio (i piedi percepiscono con meno precisione la loro posizione) e la manipolazione di piccoli oggetti e la gestualità fine.
Purtroppo, al momento attuale, non esiste una cura per questa condizione. Questo è dovuto anche ad una conoscenza incompleta dei meccanismi che causano questa specifica neuropatia. Negli ultimi anni evidenze in Letteratura hanno portato a sviluppare una possibile teoria patogenetica. Sembra, infatti, che la forma di tossicità acuta sia dovuta ad una disfunzione dei canali del sodio voltaggio-dipendenti e che ciò favorisca lo sviluppo della forma cronica. Per determinare se ciò sia corretto e verificare se prevenendo la forma acuta anche quella cronica viene prevenuta/migliorata, è necessario tornare a degli studi di tipo preclinico.
Il progetto oggetto del premio AIPN 2018 investiga proprio questa ipotesi, a livello preclinico, applicando delle tecniche di neurofisiologia avanzata, i “test di eccitabilità assonale”. Con queste tecniche è possibile ottenere informazioni circa lo stato elettrico degli assoni e, indirettamente, dei canali ionici. Nel contesto del progetto che coordino è stato possibile verificare che il modello preclinico riesce a riprodurre l’intero spettro delle alterazioni che affliggono i pazienti, sia acute sia croniche. Questo ha confermato il coinvolgimento dei canali ionici nella tossicità acuta. Inoltre, è stato verificato che è possibile correggere la tossicità acuta, lavorando a livello preclinico, con l’uso di molecole che modulano i canali ionici e che hanno già una indicazione clinica come anti-epilettici. La fase successiva del progetto ha previsto l’applicazione di questi composti per verificare se oltre alla forma acuta anche quella cronica viene emendata dal loro utilizzo. Le prime evidenze sono state particolarmente promettenti e stiamo ulteriormente indagando i risvolti della modulazione dei canali voltaggio-dipendenti per prevenire la neuropatia da Oxaliplatino. Se anche la forma cronica verrà confermato essere migliorata da questi composti, si apriranno scenari interessati data la rapida possibilità di trasferire a livello clinico questi risultati, poiché i potenziali neuroprotettori testati – gli anti-epilettici- sono già impiegati in ambito clinico.